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Abu Mazen.

Nome di battaglia di Mahmoud Abbas. Uomo politico palestinese. Figlio di pastori, nel 1948, durante la prima guerra israelo-palestinese, lasciò il villaggio natale di Safad, in Galilea, per fuggire con la famiglia in Siria, dove, dopo aver esercitato la professione di insegnante di scuola elementare, si laureò in Legge all'università di Damasco. Negli anni Settanta perfezionò la sua formazione a Mosca, alla Scuola di Studi Orientali dell'università della città, dove nel 1984 ottenne il dottorato in Storia con una controversa tesi sui supposti contatti segreti tra il movimento sionista e la Germania nazista. Alla fine degli anni Cinquanta si trasferì in esilio in Qatar, riuscendo a riunire intorno a sé un nutrito gruppo di Palestinesi. Membro fondatore di al-Fatah (1959), A.M. contribuì alla lotta palestinese per l'indipendenza nazionale, che ebbe inizio nel 1965. Nel 1968 con Arafat promosse l'integrazione di al-Fatah nell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) ed entrò a far parte del Consiglio nazionale palestinese, seguendo poi Arafat nella diaspora palestinese, dalla Giordania, al Libano, alla Tunisia. La sua attitudine alla discrezione e la sua abilità come negoziatore gli consentirono di diventare un valido raccoglitore di fondi per l'OLP e di essere scelto per un ruolo chiave nell'apparato di sicurezza dell'organizzazione palestinese negli anni Settanta. Nel 1980 entrò nel Comitato esecutivo dell'OLP dapprima come responsabile per le relazioni interne ed esterne dell'organizzazione (1984) e quindi (1988) con la delega per i Territori occupati. Moderato e pragmatico, fautore, fin dagli anni Settanta, di un dialogo con la sinistra e i movimenti pacifisti israeliani, si mantenne costantemente all'ombra dei personaggi carismatici in prima linea nella lotta armata, lavorando come tessitore di contatti politici e diplomatici. Coordinatore dell'intero lavoro diplomatico che sfociò nella Conferenza di Madrid del 1991, grazie alla quale venne avviato il processo di pace in Medio Oriente, nel 1993 A.M. fu al fianco di Arafat il giorno della firma alla Casa Bianca degli Accordi di Oslo, di cui fu il principale negoziatore da parte palestinese; nel 1995 siglò gli Accordi di Taba. Tornato in Palestina (1995), dopo 47 anni di esilio, fissò la sua residenza a Ramallah. Nel 1996 fu nominato segretario generale del Comitato esecutivo dell'OLP, divenendo il numero due dell'organizzazione. All'interno dell'ANP non assunse invece cariche ufficiali, svolgendo però di fatto l'incarico di ministro degli Esteri. Nel dicembre 2000, pochi mesi dopo lo scoppio della seconda Intifada, A.M. si allontanò decisamente da Arafat, condannando risolutamente gli attacchi terroristici ed esortando il suo popolo a cessare la lotta armata. Nel marzo 2003, forte dell'appoggio di Stati Uniti e Israele, che in lui videro l'unico affidabile interlocutore palestinese, venne designato dallo stesso Arafat primo ministro. Ottenuta la fiducia del Consiglio legislativo palestinese (Parlamento) a fine aprile, A.M. condusse i negoziati per la "Road Map", il piano di pace per il Medio Oriente che, nei progetti, avrebbe dovuto portare, entro il 2005, alla creazione di uno Stato palestinese (V. PALESTINA). Dimessosi dalla carica di premier nel settembre 2003, a causa di insanabili dissidi con Arafat, dopo la morte del presidente palestinese (novembre 2004) fu designato nuovo capo dell'OLP. Nel gennaio 2005 fu eletto alla presidenza dell'ANP (n. Safad 1935).